Si avvia a conclusione l’indagine del gruppo di lavoro coordinato da Claudio Fava su quella che il vicepresidente della Commissione Antimafia definisce ”la violenta offensiva dei poteri politici e dei poteri criminali contro i giornalisti”. Negli ultimi mesi, ascoltati a Roma i direttori e gli editori dei più importanti periodici del Sud, oltre ai cronisti minacciati. Ora tocca ai due colossi della stampa siciliana.
Ora tocca ai due colossi dell’informazione siciliana: Giovanni Pepi, condirettore del Giornale di Sicilia, e Mario Ciancio, editore de La Sicilia di Catania. Entrambi nei prossimi giorni saranno convocati dalla Commissione Antimafia per completare il giro di audizioni che consentiranno al vicepresidente di San Macuto Claudio Fava di realizzare il suo dossier su mafia e informazione, il cui approdo in seduta plenaria è previsto per il prossimo mese di febbraio.
Si tratta del primo ”libro bianco” che tenta di radiografare il potere di condizionamento effettivo delle organizzazioni criminali sulle redazioni in tutto il Paese: minacce ai giornalisti, pressioni sugli editori, censure e autocensure, ricatti e precariato, sono gli argomenti che promettono di rendere incandescente il rapporto sull’informazione in Italia, paese che il ranking 2014 del World Press Freedom Index colloca nelle retrovie del mondo civile: ovvero al numero 49 della classifica, per la libertà di stampa, dietro paesi economicamente più depressi come Estonia, Giamaica, Costa Rica, Namibia, Capo Verde, Ghana e altri ancora.
Ossigeno per l’informazione
Per la realizzazione del suo dossier, la Commissione Antimafia ha chiesto la consulenza all’associazione ‘’Ossigeno per l’Informazione’’, fondata dall’ ex giornalista de L’Ora Alberto Spampinato, che ha realizzato un rapporto esclusivo ancora oggi top secret. ‘’L’Italia è il paese con più giornalisti minacciati in Europa’’, dice Fava, e la Sicilia è la regione che ha pagato il più alto prezzo di sangue alla libertà di informazione con otto cronisti assassinati da Cosa nostra, di cui tre (Mauro De Mauro, Giovanni Spampinato e Cosimo Cristina) solo del quotidiano L’Ora. ‘’Siamo partiti da questa premessa – spiega Fava – in Italia è in atto una violenta offensiva dei poteri criminali e dei poteri politici contro i giornalisti. Un’azione che ha sempre creato ampie zone di reticenza nel mondo dell’informazione. La nostra indagine si pone come obiettivo quello di fotografare lo stato di salute dell’informazione rispetto ai poteri criminali’’. Un esempio? ‘’Ascoltare dalla viva voce dei protagonisti i particolari interni alla vita delle redazioni ci ha permesso di illuminare più direttamente i vari problemi che affliggono oggi la professione in Italia’’.
Nei mesi scorsi decine di giornalisti, direttori responsabili, editori dei giornali che operano nei territori più esposti alle offensive criminali sono stati convocati a San Macuto per rispondere alle domande del gruppo di lavoro su ‘’mafia e informazione’’: tra questi il direttore del Mattino di Napoli Alessandro Barbano, quello della Gazzetta del Mezzogiorno di Bari, Giuseppe De Tomaso, quello della Gazzetta del Sud di Messina, Alessandro Notarstefano. Tra i convocati anche l’attuale direttore del Garantista Piero Sansonetti, ascoltato per ore a San Macuto sulla sua esperienza precedente, alla guida di Calabria Ora, giornale che dopo le battaglie contro il governatore Giuseppe Scopelliti aveva invertito la rotta proprio sotto la direzione dell’ex numero uno di Liberazione. Reduce dalla vivace audizione romana, Sansonetti si era poi sfogato sul Garantista con un editoriale di fuoco: ‘’L’antimafia è un tribunale fascista: chiudetela. Viola la costituzione, ha una scarsissima conoscenza dei principi democratici, ha comportamenti eversivi e illegali’’. Lapidaria la replica di Fava: ‘’A Sansonetti non piacciono le domande, piacciono solo le risposte. Le sue’’.
Le minacce in Sicilia
Oggi in Italia i giornalisti più minacciati sono quelli della Calabria. Alla Sicilia va il secondo gradino del podio. Secondo i dati raccolti da ‘’Ossigeno per Informazione’’ nel biennio 2009-2010 i casi di minacce in Sicilia erano stati dieci, poi nel 2011 sono stati registrati 16 episodi con 43 giornalisti coinvolti. Tra i cronisti siciliani bersagliati ci sono Salvatore Maiorca di Siracusa, Pino Maniaci di Partinico, Rosario Cauchi di Gela, Miriam Di Peri di Palermo, Giulia Martorana di Enna. Tra il 2011 e il 2012 i giornalisti coinvolti in minacce sono passati da 40 a 325 l’anno. Tra le minacce alla libertà di stampa non ci sono solo le intimidazioni mafiose, ma anche le decine di querele presentate dai personaggi coinvolti nelle inchieste giornalistiche con onerose richieste di risarcimenti. Ma soprattutto la connivenza silenziosa di alcuni editori che spesso nell’indifferenza generale occultano le notizie per favorire esponenti del mondo politico, finanziario o criminale, mortificando la professionalità dei giornalisti e limitando la capacità di controllo della libera informazione sui poteri forti.
Ora, giunto quasi a conclusione il giro delle audizioni, al gruppo di lavoro della Commissione Antimafia resta solo da ascoltare i due principali protagonisti dell’informazione siciliana degli ultimi trent’anni. Uno dei due, Mario Ciancio, è ancora oggi indagato dalla procura di Catania per concorso esterno in associazione mafiosa. In più, due giorni fa, la Cassazione ha ordinato all’editore catanese il reintegro di sei giornalisti licenziati in tronco nel 2006 da Telecolor, l’emittente televisiva di Ciancio. ‘’La famiglia Ciancio rispetti le sentenze della giustizia italiana –hanno commentato con una nota i sei giornalisti – Telecolor non ha rispettato neppure le sanzioni pecuniarie stabilite dai giudici del lavoro’’. Fava, che sta già scrivendo la relazione finale, si aspetta che la Commissione concluda i suoi lavori entro febbraio: ‘’Personalmente non ho mai lesinato opinioni su Ciancio. Da vicepresidente della commissione e coordinatore del gruppo di lavoro porrò l’attenzione della plenaria sul suo caso: quello di uno tra i principali editori del Sud indagato per un’ipotesi di concorso in mafia’’.