
Liliana Resinovich, l'avvocato del fratello: Suicidio escluso, qualcuno voleva zittirla
Il caso di Liliana Resinovich, la donna trovata morta a Trieste oltre tre anni fa, continua a suscitare interrogativi e sospetti. In attesa dei risultati dell’analisi effettuata dalla professoressa Cristina Cattaneo, esperta di medicina legale, è intervenuto Nicodemo Gentile, avvocato del fratello di Liliana, Sergio Resinovich, e presidente dell’Associazione Penelope, che si occupa di persone scomparse e delle famiglie delle vittime di reato. Gentile ha ribadito con fermezza le posizioni della famiglia Resinovich, che ha sempre escluso l’ipotesi del suicidio, sostenendo che le ferite sul corpo di Liliana fossero provocate da terzi.
Le dichiarazioni dell’avvocato Gentile
“Finalmente, dopo tre anni, ci troviamo nella giusta direzione”, ha affermato Gentile, parlando nella trasmissione Ore 14 su Rai 2. Questa affermazione indica un cambiamento significativo nella direzione delle indagini, che fino ad ora avevano considerato il suicidio come una valida opzione. “L’ipotesi del suicidio era grossolana e bizzarra e adesso è stata esclusa in radice”, ha aggiunto, sottolineando l’importanza delle nuove prove emergenti.
Le reazioni delle autorità
Il caso di Liliana Resinovich ha suscitato l’attenzione dei media e dell’opinione pubblica non solo per le circostanze della sua morte, ma anche per le reazioni contrastanti da parte delle autorità e degli inquirenti. L’avvocato Gentile ha sottolineato come la famiglia abbia sempre ritenuto che le lesioni sul corpo della donna non fossero accidentali. “Ci siamo sempre battuti per sostenere che le lesività sul corpo non erano di natura accidentale”, ha dichiarato, evidenziando la necessità di un riesame approfondito del caso.
La Procura di Trieste, rappresentata da Federico Frezza, ha riconosciuto l’importanza del lavoro dei periti, affermando che il loro “minuzioso lavoro impone una profonda rivalutazione dell’intero procedimento”. Questo implica la possibilità di nuovi accertamenti e acquisizioni di prove, le cui specifiche non possono essere divulgate al pubblico per motivi di riservatezza. Tuttavia, l’interesse per il caso resta alto e ci si aspetta che vengano ascoltate nuove testimonianze.
Elementi cruciali da esaminare
Gentile ha anche fatto riferimento a persone che non erano state mai sentite dagli inquirenti, suggerendo che ci siano elementi cruciali che meritano ulteriori indagini. “Abbiamo indicato alcuni amici della coppia che si frequentavano in modo assiduo, un’albergatrice che li conosceva. Persone da ascoltare ce ne sono”, ha detto, richiamando l’attenzione su chi potesse avere informazioni rilevanti sul contesto in cui viveva Liliana.
Il corpo di Liliana fu trovato in circostanze inquietanti: avvolto in sacchi, con evidenti segni di violenza. “Mai visto un suicidio che accade coi sacchetti e che i sacchetti lasciano tutti quei segni sul volto”, ha commentato Gentile. “Al contrario, il cordino non lascia segni, mentre tutte quelle lesività parlano chiaro. Prima di morire, qualche ceffone è arrivato”. Questa descrizione pungente mette in evidenza l’assurdità dell’idea che si sia trattato di un suicidio e suggerisce che ci siano stati eventi violenti precedenti alla morte.
La vulnerabilità di Liliana
Il legale ha anche sollevato interrogativi sul possibile movente dietro alla morte di Liliana, sostenendo che “evidentemente lei dava fastidio a qualcuno negli ultimi tempi”. Gentile ha fatto notare che la donna pesava solo 42 chili, il che la rendeva vulnerabile e facilmente sopraffatta. Questa osservazione aggiunge un ulteriore strato di complessità alla narrazione, suggerendo che la sua fragilità fisica potesse essere stata sfruttata da chi le stava attorno.
Il caso di Liliana Resinovich non è solo un giallo da risolvere, ma un dramma umano che coinvolge una famiglia straziata dalla perdita e dalla ricerca della verità. La determinazione della famiglia e del loro legale nel perseguire giustizia è evidente e solleva interrogativi su come sia stata gestita l’indagine iniziale. Gentile ha dichiarato: “C’è da fare una grande valutazione sul perché questa indagine è deragliata, ma è importante che sia stata rimessa adesso sul giusto binario”.
Mentre l’attenzione si concentra sulle nuove evidenze e sulla possibilità di ascoltare ulteriori testimoni, la speranza della famiglia Resinovich è che la verità venga finalmente alla luce. La morte di Liliana ha scosso la comunità triestina e ha acceso un dibattito su temi come la giustizia, la violenza di genere e la vulnerabilità delle persone. Con l’andare avanti delle indagini e l’analisi delle nuove prove, ci si augura che la storia di Liliana Resinovich possa trovare una conclusione che renda giustizia alla sua memoria e alla sua famiglia.