
Giustizia per Thomas: la nonna si sfoga dopo la condanna degli assassini del nipote 17enne
La giustizia ha finalmente emesso il suo verdetto nel caso dell’omicidio di Thomas, un giovane di 17 anni, brutalmente ucciso il 23 giugno 2024 nel parco ‘Baden Powell’ di Pescara. I due ragazzi, all’epoca dei fatti appena 16enni, sono stati condannati rispettivamente a 19 anni e 4 mesi e a 16 anni di reclusione per omicidio volontario, aggravato dalla crudeltà e da futili motivi, come stabilito dai giudici del Tribunale per i minorenni dell’Abruzzo. La pubblica ministero, Angela D’Egidio, aveva chiesto pene più severe, ossia 20 e 17 anni di reclusione, ma la decisione finale ha comunque suscitato reazioni forti e cariche di emozione.
La reazione della famiglia
La nonna di Thomas, visibilmente scossa, ha commentato la sentenza con parole che risuonano come un grido di dolore: “Pena abbastanza giusta: l’ergastolo l’ho avuto io quel 23 giugno, l’ergastolo del dolore. Loro vedranno la luce del sole, il mio Crox non più”. Queste frasi racchiudono il sentimento di una famiglia distrutta e di una comunità intera che si interroga su come sia potuto accadere un simile atto di violenza tra giovani. Thomas, conosciuto affettuosamente come ‘Crox’ dai suoi amici, ha trovato una morte tragica e ingiusta, che ha lasciato un segno indelebile nelle vite di chi lo amava.
La ricostruzione dei fatti
La ricostruzione dei fatti ha rivelato un quadro inquietante. Quel giorno, un gruppo di ragazzi si era radunato davanti alla stazione ferroviaria di Pescara e, successivamente, si era diretto verso il parco ‘Baden Powell’. Qui, i due futuri assassini avrebbero condotto Thomas in una zona appartata, coperta da cespugli, dove nessuno poteva vederli. Armati di un coltello da sub, hanno aggredito il giovane, infliggendogli ben 25 coltellate, un atto di violenza inaudita che ha lasciato tutti sgomenti.
Dopo aver commesso il delitto, i due ragazzi hanno abbandonato il corpo di Thomas tra le sterpaglie, per poi tornare dagli amici e dirigersi verso la spiaggia, dove hanno tentato di disfarsi dell’arma del delitto. È emerso che il coltello non è mai stato ritrovato, rendendo la situazione ancora più inquietante. Solo alcune ore dopo l’omicidio, uno dei membri del gruppo, che non aveva preso parte all’aggressione ma era a conoscenza di quanto avvenuto, ha allertato le forze dell’ordine. Alle 21, il corpo di Thomas è stato scoperto, scatenando un’immediata ondata di shock e indignazione nella comunità pescarese.
Le conseguenze legali
Da quel giorno, i due ragazzi sono rimasti in carcere, con l’udienza di convalida dell’arresto che si è tenuta il 24 giugno. Nel corso delle indagini, sono emerse controversie legate alla salute mentale di uno dei ragazzi coinvolti. A luglio, i legali del primo assalitore hanno presentato istanza di arresti domiciliari, sostenendo che il giovane potesse soffrire di una sindrome bipolare e di episodi di autolesionismo. Tuttavia, la richiesta è stata respinta dalla giudice per le indagini preliminari, Cristina Tettamanti, che ha ritenuto inaccettabile la concessione di misure alternative al carcere.
La situazione si è ulteriormente complicata quando, a settembre, uno dei due ragazzi ha confessato, fornendo un racconto dettagliato che ha svelato i retroscena dell’omicidio. Questa confessione, insieme alle immagini delle telecamere di sorveglianza, ha permesso agli investigatori di ricostruire con precisione gli eventi di quella tragica giornata. Il 30 settembre, il Procuratore capo della Repubblica per i Minori dell’Aquila, David Mancini, ha richiesto un giudizio immediato, che è stato accolto dal giudice per le indagini preliminari, Roberto Ferrari.
Il percorso legale ha visto anche la richiesta da parte dei difensori di aderire al rito abbreviato, che è stata accettata a condizione che venisse svolta una perizia psichiatrica. Tuttavia, i risultati della perizia, depositati il 28 gennaio, hanno stabilito che, nonostante alcune problematiche di personalità, il ragazzo era comunque imputabile. Questo ha portato alla condanna definitiva, che ha suscitato una vasta gamma di reazioni nella comunità e tra i giovani, preoccupati per un futuro in cui la violenza tra coetanei sembra essere in aumento.
L’omicidio di Thomas non è solo un crimine da perseguire, ma un segnale d’allerta per la società, che deve interrogarsi sulle cause di tale violenza e cercare di prevenire simili tragedie nel futuro. La morte di un giovane, pieno di vita e di sogni, rappresenta una perdita incommensurabile non solo per i suoi cari, ma per l’intera comunità. La sentenza, pur se dolorosa, è un passo verso la giustizia, ma il ricordo di Thomas rimarrà per sempre impresso nel cuore di chi lo ha amato.